Con oltre 320.000 Atleti Tesserati, 5000 Società e circa 100.000 operatori tra Dirigenti, Allenatori, Arbitri e Segnapunti, la Fipav (Federazione Italiana Pallavolo) vanta un primato che l’ha resa una delle più grandi organizzazioni pallavolistiche del mondo: il numero di giocatori è risultato in continuo aumento negli ultimi 20 anni, come di conseguenza la sua traumatologia specifica, sia sotto forma di lesioni acute che microtraumatiche/degenerative. Le prime sono perlopiù causate dall’ impatto con il terreno di gioco o con il pallone, interessando prevalentemente caviglie, ginocchia e dita; le seconde, a carico soprattutto di spalle e schiena, sono la conseguenza di sovraccarichi funzionali spesso favoriti da gesto tecnico scorretto o fattori predisponenti fisici e/o biomeccanici.
Vediamo nel dettaglio quali sono i più comuni infortuni della pallavolo:
Lesioni traumatiche
Distorsioni di caviglia: sono i traumi più frequenti, tipicamente in inversione, e per atterraggio scomposto o sul piede di una compagna, soprattutto dopo un muro a due. Essendo spesso causa di stop prolungati e recidive, è fondamentale il percorso riabilitativo individuale che si affronta dopo l’evento traumatico: la gravità dell’interessamento delle strutture capsulo-legamentose tibio-tarsiche è alla base delle eventuali recidive a medio e lungo termine. Nella maggior parte dei casi il trattamento è conservativo mediante fisioterapia, successivamente alla quale la rieducazione funzionale gioca un ruolo determinante per il return to play in sicurezza; in alcuni casi il rientro avviene con l’ausilio di tutori specifici, la cui indicazione tuttavia deve essere specialistica onde evitare di creare “dipendenza” dell’atleta nei confronti delle ortesi.
Distorsioni di ginocchio: possono determinare lesioni legamentose – tra le quali il legamento crociato anteriore e il collaterale mediale sono i più diffusi -, meniscali o associate. La maggior parte si verifica durante la fase di atterraggio dopo un salto, soprattutto se esso avviene in maniera scomposta dopo l’attacco di una palla alzata imprecisa: la sensazione di schiocco articolare ed edema successivo sono spesso patognomoniche del danno. Per porre diagnosi è ovviamente fondamentale una valutazione clinica specialistica associata all’adeguato esame strumentale, in modo tale da individuare il percorso terapeutico più adeguato, conservativo o chirurgico, per il ritorno all’attività in sicurezza.
Dita e polsi: tali articolazioni, a causa dell’elevata velocità del pallone o della tecnica specifica non sempre ineccepibile (l’esempio più tipico è il muro), sono comunemente interessate da traumi distorsivi, in particolare i legamenti collaterali interfalangei del IV e V dito: il dolore e l’instabilità funzionale sono spesso immediati, potendo perdurare anche per alcune settimane. Analogamente non è da sottovalutare anche il potenziale interessamento al polso della famigerata cartilagine triangolare, in seguito a caduta a terra, murata violenta o difesa estrema: ancor di più, per tale distretto, la valutazione specialistica è fondamentale non solo per porre diagnosi, ma soprattutto per le indicazioni terapeutiche da mettere in atto.
Molto comuni sono anche le cosiddette “insaccate del dito”, o capsuliti post-traumatiche, conseguenti a un trauma assiale successivo all’impatto diretto col pallone; spesso guariscono da sole nell’arco di alcuni giorni mediante terapie locali, richiedendo tuttavia un’adeguata protezione dell’articolazione con fasciature alla ripresa degli allenamenti per recuperare la totale funzionalità del dito.
Muscoli: qualsiasi distretto corporeo, durante o in seguito ad attività, può essere interessato da un danno muscolare; nella pallavolo tuttavia la muscolatura della parete addominale, sia il retto che gli obliqui, risultano maggiormente coinvolti; l’entità del danno può essere molto variabile, da semplice sovraccarico aspecifico fino a lesioni di medio-alto grado, con modalità di insorgenza non necessariamente acuta – dopo una schiacciata, magari con gesto scomposto verso una palla alta imprecisa – ma anche a fine allenamento dopo serie prolungata di attacchi. La valutazione clinica non sempre è sufficiente per porre diagnosi, ma richiede un approfondimento ecografico per scovare lesioni paucisintomatiche insidiose.
Lesioni microtraumatiche/degenerative
Il movimento reiterato o la postura statica prolungata possono predisporre l’atleta a sviluppare sovraccarichi funzionali e patologie da overuse tipicamente in relazione al ruolo svolto in campo.
Spalla: movimenti ripetitivi degli arti superiori sopra la testa durante il servizio, la schiacciata o il muro possono favorire nel tempo una iperlassità capsulo-legamentosa e danni al cercine glenoideo. Sebbene le lesioni complete in giocatori giovani siano rare, lesioni degenerative a medio-lungo termine sono più frequenti. La valutazione biomeccanica dell’articolazione durante il gesto tecnico consente di lavorare adeguatamente sulla prevenzione, garantendo un’adeguato ritmo toraco-scapolo-omerale, trofismo della muscolatura del cingolo e controllo propriocettivo riducendo la frequenza di tali disturbi.
Ginocchio – jumper’s knee: la tendinite del rotuleo è frequente negli atleti che effettuano balzi ripetuti e creano una cronica sollecitazione sull’apparato estensore del ginocchio e sull’articolazione femore-rotulea, soprattutto se ciò avviene su terreni di gioco duri, con calzature scorrette o in caso di mal allineamento degli arti inferiori. Questo può produrre un’infiammazione persistente ai tendini di pertinenza (rotuleo e quadricipitale) che nel tempo evolve in senso degenerativo (tendinopatia o tendinosi) determinando il classico dolore anteriore di ginocchio.
Schiena: numerosi pallavolisti soffrono di lombalgia, a causa di un sovraccarico funzionale della colonna vertebrale; quest’ultima, infatti, è sottoposta a numerose forze di compressione con estemporanee iperestensioni e torsioni del tronco, soprattutto in gesti tecnici come la schiacciata e la battuta. Non è da sottovalutare inoltre la qualità della tecnica di esecuzione degli esercizi in sala pesi, in particolare lo squat, fattore determinante nella lombalgia di origine muscolo-tensiva.
Qualsiasi infortunio, a prescindere dall’origine, ha precise tempistiche di ripresa dell’attività agonistica, richiedendo il rispetto di criteri temporali, biologici e funzionali; conoscere le problematiche specifiche di ogni sport è fondamentale per la prevenzione, la cura e il return to performance, pertanto è chiara l’importanza di rivolgersi a medici e terapisti specializzati nella cura degli sportivi: la conoscenza del gesto tecnico infatti è fondamentale per ridurre al minimo i periodi di sospensione dell’attività sportiva e giocare d’anticipo sulle patologie che inevitabilmente sono correlate allo sport.