Parola d’ordine: prevenire. - Medical Lab

Parola d’ordine: prevenire.

Lo Specialista in Medicina dello Sport è un medico che ha maturato conoscenze professionali relative alla medicina delle attività fisicomotorie e sportive, con interesse particolare sia alla tutela della salute dei praticanti tali attività in condizioni fisiologiche e patologiche sia alla cura dell’atleta infortunato. L’Italia vanta una legislazione in materia di prevenzione e tutela sanitaria nello sport che la pone all’avanguardia rispetto agli altri Paesi del mondo.

Il protocollo obbligatorio per l’accertamento dell’idoneità alla pratica di attività sportive agonistiche, esclusiva competenza dello specialista in Medicina dello Sport, costituisce il più valido strumento di prevenzione per la tutela sanitaria della nostra popolazione: infatti questo sistema permette una riduzione delle morti improvvise sui campi di gara (in un rapporto di 1 a 1,5 milioni in Italia contro 1/100-300.000
nel mondo); inoltre, essendo l’unico screening rimasto del nostro sistema sanitario (venute meno la medicina scolastica e la visita di leva), permette l’individuazione di tante piccole patologie che, se diagnosticate in anticipo, garantiscono salute e risparmio in ambito sanitario.


C’è anche un altro dato estremamente interessante da analizzare. In uno studio che ha raccolto i dati sulle morti cardiache improvvise in ambito sportivo si è evidenziato che da inizio 2006 a fine 2012 sono stati registrati 592 decessi.

Di questi, solo tre erano atleti professionisti, quindi verosimilmente sottoposti a periodiche ed accurate visite per l’idoneità agonistica. Bisogna considerare infatti che questi atleti sono sottoposti a protocolli di controllo cardiologico ancora più approfonditi. Lo sport che conta il maggior numero di decessi è il calcio, seguito da ciclismo, podismo, fitness, sci e tennis.

Certo non tutto è diagnosticabile in ambito di visita medica sportiva. Nella nostra memoria sono impressi i ricordi di tragedie vissute sotto gli occhi di tutti. Renato Curi, centrocampista del Perugia, muore il 30 ottobre 1977 a 24 anni, durante Perugia-Juventus, giocata sotto un temporale. Cinque minuti dopo l’inizio del secondo tempo, durante uno scatto, Curi si accascia a terra: sebbene Romeo Benetti, Roberto Bettega e Gaetano Scirea lo aiutino a rialzarsi, subito dopo ricade con gli occhi rovesciati; alle 16.30, circa un’ora dopo il malore, viene dichiarato morto. L’autopsia rileva una non ben precisata anomalia cardiaca congenita che forse con le attuali tecniche di imaging cardiaco si sarebbe potuta diagnosticare precocemente.

E poi Piermario Morosini, centrocampista del Livorno, 25 anni, il 14 Aprile 2012, si accascia sul campo del Pescara durante uno scatto, è il 31’ del primo tempo: soccorso da compagni e medici, ma senza un defibrillatore, morirà poco dopo in ospedale. L’autopsia rivelerà una rara malattia ereditaria, la cardiomiopatia aritmogena.

E non solo in Italia. Il 25 agosto 2007 Antonio Puerta, centrocampista del Siviglia, perde conoscenza in campo durante la partita Siviglia-Getafe, colpito da un arresto cardiaco. Nonostante i compagni e medici intervengano immediatamente e Puerta riesca a dirigersi verso gli spogliatoi per il cambio, viene colpito da altri arresti cardiaci. Condotto all’ospedale più vicino, a causa di alcune complicanze muore 3 giorni dopo, all’età di 22 anni. Caso controverso il suo perchè il ragazzo aveva avuto precedenti sintomi come svenimenti e giramenti di testa in precedenti partite ed allenamenti. Difficile pensare che in Italia dopo sintomi di questo tipo gli sarebbe stata concessa l’idoneità alla ripresa dell’attività agonistica prima di un’esclusione certa di problematiche di natura cardiaca. La malattia alla base dei suoi problemi cardiaci è la displasia ventricolare destra aritmogena, causa di morte improvvisa tra i giovani, difficile ma non impossibile da diagnosticare.

 

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